31 agosto 2006

Punzecchiature

Come si scrive Brian De Palma?
Secondo Rai sat si scrive: BRAIAN. Vedere per credere.

Venezia al vetriolo: Hollywoodland (concorso)

E HOLLYWOOD AMMAZZO' SUPERMAN
(dal corrispondente Bob lo spietato)
Una buona idea: indagare sull'omicidio/suicidio di George Reeves, l'attore che interpretava il Superman televisivo. Un buon regista televisivo: Allan Coulter (Sopranos, Sex & the City, Six Feet Under). Una buona ricostruzione d'epoca: le canaglie degli studios e i set sfigati della produzione seriale. Una buona direzione degli attori: è bravo persino Ben Affleck incicciottito. Una buona analisi sul talento mancato: chi non ce l'ha, non se lo inventa. Una morale finale fin troppo buona: i figli sono pezzi di cuore anche per i detective di mezza tacca. Hollywoodland: un buon prodotto medio hollywoodiano.

Venezia al vetriolo: Infamous (Orizzonti)

L'INFAME CAPOTE 2
(dal corrispondente da Venezia Bob lo spietato, il resoconto sulla biografia di Truman Capote firmata da Douglas McGrath)
Il belmondo zeppo di caviale e di gossip acidulo è sempre quello, gli anni presi in considerazione sono gli stessi (la genesi di A sangue freddo), alcuni dialoghi quasi identici. Ma dopo Capote c'era bisogno di un film gemello? Infamous punta sulla polifonia d'attori (buffo il cameo di Peter Bogdanovich, sorprendente la Bullock), ha delle luci più brillanti, ma si incaglia nella trappola tipica del biopic letterario: la noia. Per la Warner la sfortuna di essere arrivata con un pizzico di ritardo. Nel gioco dei premi a chi assomiglia più a chi, ha già vinto la Sony con Philip Seymour Hoffmann.

(Toby Jones è Truman Capote)

Critici in Laguna

A futura memoria, Kezich su Ellroy
Tot capitae tot sententiae, dicevano gli antichi. In ossequio a questo principio - per la quale qualsiasi opinione è legittima, e per questo degna di essere criticata - mi piace segnalare, senza commento e a uso esclusivo dei posteri, quanto scrive oggi il sul Corriere della sera Tullio Kezich. Che stroncando The Black Dahlia di Brian De Palma confessa: "Non mi pare granchè neanche il manieristico romanzo originario di James Ellroy, considerato da alcuni un capolavoro: ben 349 pagine nell'edizione Oscar per un indigesto minestrone di morbosità e delitti rinforzato da colpi di scena che Agatha Christie avrebbe giudicato sleali nei confronti di chi legge. Ho cercato perciò di guardare il film dimenticando il libro, convinto che Brian De Palma con la macchina da presa se la cava meglio di Ellroy con le parole..."

Venezia al vetriolo: U.S. versus John Lennon

"JOHN LENNON TI ODIO"
(dal fronte del Lido Bob lo spietato recensisce il documentario The U.S. vs John Lennon, che ha aperto la sezione Orizzonti)
Un documentario di impianto televisivo e parecchio agiografico su John Lennon. Ancora terroristiche le reprimende pubbliche di Edgar J. Hoover (l'onnipotente Mazzarino dell'FBI) e di Nixon contro l'impegno pacifista dell'ex-beatle, inquietanti e educativi i confronti fatti da Gore Vidal tra vecchie (Vietnam) e nuove guerre (Iraq), per il resto Us versus John Lennon è un omaggio ai nostalgici del Love & Peace con un epilogo melensissimo.

30 agosto 2006

Venezia al vetriolo

BLACK DAHLIA, DARK DE PALMA
(dal fronte del Lido il corrispondente al vetriolo Bob lo spietato)
Chi si aspettava una doppia razione di perversione e crudeltà rimarrà terribilmente deluso. De Palma depura Ellroy dalla realtà e dalla storia, lo usa come un accetta per fare a pezzi il cinema noir e la Hollywood delle origini. Black Dahlia è un thriller spurio e astratto, una versione per ragionieri di Mulholland Drive: sublime nello stile, grottesco nelle scene drammatiche, assolutamente trito dal punto di vista psicologico, brutale nella costruzione della suspense, ambiguo e disturbante dal punto di vista morale. Con attori imbambolati e sequenze da antologia: l'inizio esplosivo, il ritrovamento di Elizabeth Short, la soggettiva e la la cena a casa Linscott, il filmino porno, i provini con la sua voce fuori campo... Insomma De Palma è ancora una volta irritante e proprio lì, nella spiazzamento di qualsiasi attesa (anche di chi lo ama appassionatamente), si nasconde parte della sua grandezza.

29 agosto 2006

Vetriolo su Venezia

Gli "scoop" del tg5
Anna Praderio, la giornalista che monopolizza l’informazione cinematografica del Tg5, è arrivata al festival di Venezia prima di tutti gli altri. Ha tenuto a farlo sapere personalmente agli spettatori nell’edizione di ieri sera del telegiornale di Mediaset. Infatti fregando gli altri cronisti, ancora nelle loro redazioni a poltrire, si è piazzata davanti all’Hotel Des Bains ed ha strappato la prima intervista alla Presidente della Giuria Catherine Deneuve. Nulla di interessante nelle dichiarazioni dell’attrice, ma l’emozione nella voce della Praderio, sovraeccitata e con il fiatone per l’invidiabile scoop, valeva la visione del servizio.

(Catherine Deneuve qualche anno fa)

28 agosto 2006

Vetriolo al cinema!

Una selezione assolutamente faziosa dei film visti in sala nel week-end.

Le colline hanno gli occhi
CAPOLAVORO ASSOLUTO!
Solo per gli amanti del genere, ossia il survival movie. Più che un horror, un western spietato che vi farà dimenticare il cult-movie di Wes Craven.
4° posto in classifica

Mare nero

RIVOLTANTE
Il film di Roberta Torre è una bestemmia contro il cinema. Venduto come un thriller sullo scambismo, è semplicemente la copia senza senso di Eyes Wide Shut.
8° posto in classifica
C.R.A.Z.Y.
NIENTE MALE
Furbo, simpatico e con un tono nostalgico che funziona. Un Donnie Darko in salsa gay, con le canzoni più ruffiane di David Bowie.
7° posto in classifica
Domino
SOLDI BUTTATI
Rumoroso, fastidioso, sconsigliabile a chi soffre di mal di mare. Perchè
l'ultimo film la camera non sta ferma un minuto e il montaggio è frenetico. Sconsigliabile superare i 10 minuti di visione!
6° posto in classifica

25 agosto 2006

Anticipazione cinema: David Lynch a Venezia

Niente vetriolo per Lynch, solo Leoni d’oro!
I segreti di Inland Empire


ATTENZIONE: Se detestate David Lynch, Laura Palmer e i nani che parlano al contrario NON CONTINUATE LA LETTURA!

La Mostra del cinema di Venezia il 6 settembre conferirà il Leone d’oro a David Lynch, il regista visionario di Twin Peaks e Velluto Blu. In quell’occasione sarà proiettato in anteprima mondiale il suo ultimo misterioso film, INLAND EMPIRE (obbligatorio per il regista scriverlo tutto maiuscolo. Perché non si sa!)
L’ultima fatica del regista americano sta già battendo molti record: per la durata insolita, 168 minuti; per i tempi di lavorazione intermittenti (tre anni in totale); per il modo in cui si sono svolte le riprese, su e giù tra Los Angeles e la Polonia, senza copione, con il regista che per la prima volta nella sua vita scrive le scene appena prima di dare il ciak; per il fatto che Lynch ha voluto montare personalmente il film (non succedeva dal suo primo lungometraggio, Eraserhead), iniziando l’editing prima ancora di terminare le riprese.
La storia? Non si sa quasi nulla, se non che c’è un mistero su una donna nei guai. Secondo incontrollate indiscrezioni, la donna scomparirebbe nei pressi delle montagne di San Gabriele, non lontano da Los Angeles.
Ora, grazie alle anticipazioni che arrivano dal New York festival, dove il film sarà presentato subito dopo Venezia, la nebbia si infittisce: “una donna polacca guarda attentamente qualcuno o qualcosa; un'attrice (Laura Dern) è avvertita che il suo nuovo film è maledetto; una famiglia di persone con la testa di coniglio compie azioni da sitcom in un palcoscenico, come se partecipasse a un rituale solenne”.
E il film viene definito “un impulso ipnotico attraverso innumerevoli lenti che ci fa atterrare nella lontana terra degli incubi. I temi sono lo sfruttamento di giovani donne, la mutabilità dell'identità, l'anima onnivora di Hollyood.”
Uno dei pochi fortunati che hanno visto il film è il direttore della Mostra di Venezia Marco Műller. Ecco cosa ha rivelato in un’intervista all’Espresso:

“Diciamo che si apre con la domanda 'Laura Dern è o non è in definitiva la figlia di quella coniglietta che abbiamo visto nella inquadratura 12?' Di più, posso solo dire che è una sorta di apologo taoista su 'chi guarda chi' o meglio 'chi sta sognando chi'. Insomma, se fino a Wim Wenders il cinema ha avuto bisogno di essere regressivo per esistere in quanto sogno, questo Lynch invece è un incubo a occhi aperti dall'inizio alla fine".
Lynch ha effettivamente lavorato a questo progetto finanziato da Studio Canal in modo insolito, quasi a tempo perso, con una libertà artistica totale, girando quando gli attori erano liberi da altri impegni (il cast è composto da molti vecchi compagni di strada di Lynch, come Laura Dern, Justin Theroux, Scott Coffey, Harry Dean Stanton, Grace Zabriskie, oltre che dalle new-entries Jeremy Irons, Julia Ormond e un nutrito gruppo di artisti polacchi).
La libertà Lynch l’ha trovata nell’uso delle telecamere digitali, già sperimentate nella produzione di cortometraggi per il suo sito a pagamento davidlynch.com. E’ lui stesso ad usare la camera digitale ma, per INLAND EMPIRE, si è avvalso anche di un direttore della fotografia esperto di DV, il norvegese Odd-Geir Saether che per definire il film – giudicato complesso, mistico, criptico – ha usato questa frase: “è la versione lynchiana del Dogma di Lars Von Trier!”
A quanto pare INLAND EMPIRE è un puzzle che incorpora materiali girati ad hoc e altri prodotti negli anni passati per il web, come la sitcom Rabbits (una famiglia di umani con le teste di coniglio) e un cortometraggio sperimentale inedito girato in Polonia che sin dal titolo, The Green Room in Lodz, evoca un luogo dedicato al culto dei registi defunti (ricordate La camera verde di Truffaut?)
Lynch in alcune interviste ha ammesso candidamente di non avere la minima idea di quale direzione imboccare e come incollare i vari, eterogenei pezzi (“mi sentivo su una nave in cerca di un’idea per trovare una pagaia!”). L’unica soluzione: ricorrere alla meditazione trascendentale e tirar fuori idee dal proprio inconscio.
Anche il titolo pare frutto della casualità. Lynch confessa che gli è stato ispirato da una conversazione con Laura Dern, il cui marito, Ben Harper, è originario proprio di Inland Empire, regione della California meridionale non lontana dall’area di Los Angeles.
Di essere sulla strada giusta se ne convince qualche tempo dopo, quando il fratello trova un vecchio album di David bambino. Quando Lynch lo riceve, scopre che nella prima pagina appare la scritta Inland Empire.
Il mistero si infittisce: per renderlo ancora più fitto non resta che andare a Venezia il 6 settembre.

24 agosto 2006

Anteprima[acida]cinema

Vetriolo su Superman Returns!

Che noia Superman returns! Ho guardato l’orologio dieci volte, troppo al cospetto di un’anteprima così attesa. Che c’è di male nel film di Bryan Singer? Faccio prima a dire che c’è di buono: sicuramente i titoli di testa - che citano rispettosi quelli del primo Superman di Richard Donner - e la colonna sonora, esattamente quella originale a firma di John Williams. E una sequenza formidabile, quella del salvataggio dell’aeroplano. Un plauso, più che al regista, ai responsabili degli effetti speciali. Il resto è tedio. Perché dà fastidio assistere all’ omaggio continuo del film originale con Christopher Reeve (in sequenze spesso inutili e gratuite, come quelle della giovinezza del super-eroe). E irrita molto che le sequenze d’azione siano un insipido frullato del meglio e del peggio del cinema catastrofico, diventato nuovamente cool dopo lo choc dell’11 settembre (uno spruzzo di Titanic e di Poseidon, un goccio di Airport, un’innaffiata dell’ Alba del giorno dopo, e via scopiazzando). Una scelta di copione che è in pratica l’ammissione che le vicende di Superman non vivono di vita propria, perché per esistere devono necessariamente cannibalizzare un genere che con l’universo del fumetto c’entra poco, il disaster movie. Una resa.
Ci sarebbe da dire ancora molto: di quanto Kevin Spacey-Lex Luthor gigioneggi invano; di quanto sia
sprecata una delle migliori attrici in circolazione, Parker Posey (nel ruolo di Kitty, l’assistente di Luthor); di quanto sia vuoto e inconsistente nel ruolo del protagonista Brandon Routh, pallida fotocopia di Reeve. E di quanto innervosisca il paragone Superman=Cristo, il salvatore extra-terrestre che muore e risorge per la salvezza degli uomini.
Forse bastava un po’ di coraggio per sforbiciare, e parecchio, tutta la stupidissima seconda parte. Era sufficiente un’ ora e tre quarti di film, piuttosto che di oltre due ore e mezzo. Il primo X-men, firmato sempre da Singer, era breve, semplice, efficace.
Il dramma è che già si annuncia il sequel. Ora che Bryan Singer ha scoperto la ripresa in digitale, più economica e flessibile della vecchia pellicola, il rischio è che il prossimo Superman superi in durata la trilogia del Signore degli anelli. Pietà!

23 agosto 2006

Fascinazioni

A proposito del romanzo Troppi paradisi di Walter Siti e della fascinazione della tv, mi segnalano la pagina "pensieri e news dei lettori" nel numero del 24 agosto di Novella 2000.
C'è un toccante resoconto di una lettrice che racconta la sua giornata passata assieme a Katia del Grande Fratello 4. Mi sembra doveroso, in ossequio al diritto all'informazione, citare parte di questo prezioso documento, consigliando altresì l'acquisto del settimanale per la lettura integrale:

(Katia del GF4)

"Sono un'ammiratrice di Katia Pedrotti, adesso meglio conosciuta come conduttrice di Sipario su Rete4, oppure come moglie di Ascanio Pacelli, anche lui scoperto dal GF4 (...) Posso dire che è una ragazza molto sensibile, gentile e dall'animo buono. Ho avuto la conferma di tutto ciò qualche mese fa quando, per caso, per le vie di Milano l'ho incontrata mentre faceva shopping. Appena l'ho vista, mi sono bloccata, non riuscivo a muovermi, come se fosse un miraggio. 'E' Katia', mi sono detta, 'non ci credo...ma quanto è bella!'. Fortunatamente con me c'era il mio fidanzato Alessandro, che mi ha spronato ad andarla a salutare. Sono stati minuti indimenticabili. Katia è stata talmente gentile e carina che ci ha anche proposto di fare un giro per Milano con lei! Io e il mio fidanzato abbiamo trascorso la mezz'ora più emozionante che si possa pensare..."
Come chiosa, è utile attingere alle pagine di Troppi paradisi: "Chi appare in televisione con regolarità, se ha una faccia appena gradevole diventa per forza un amico; gli annunciatori del telegiornale, per esempio, quando mi dicono buongiorno non posso fare a meno di salutarli di rimando, e se sto di buon umore gli faccio anche ehilà con la mano. (Ce n'è uno di Canale 5, quello che dice 'esatto, Cesara', che mi stava simpaticissimo in video, poi l'ho visto in palestra e sembrava un po' checca). Una vecchia signora di Adelfia, maestra e ricamatrice, ha lasciato per testamento metà delle sue sostanze a Emilio Fede: la capisco."

Corsera contro Venezia?

La domanda è: perchè il Corriere della sera ce l'ha con la Mostra del cinema di Venezia?
Il sospetto è nato sin dal giorno successivo alla presentazione del programma. Il 28 luglio, a pagina 41 degli Spettacoli, il Corsera spara "La Medusa fuori da Venezia. Subito scontro". Pochissimo spazio ai film, agli ospiti, al programma ricco e prestigioso, insomma poca informazione (a che serve un giornale, a informare? No!) e inve
ce, per la gioia dei lettori, un vero scoop: l'intrigante polemica sugli attriti tra la casa di distribuzione Medusa e il direttore del festival, Marco Muller. Inoltre appare un affilato corsivo del critico ufficiale Tullio Kezich (dal promettente titolo "Tante opere poca identità") che biasima la decisione di inaugurare la rassegna con The Black Dahlia, l’ultimo film di Brian De Palma. Il regista di The Untouchables, Scarface, Carlito's way, Blow out, Vestito per uccidere per il critico del Corriere non è degno di aprire la kermesse veneziana. Motivo? Nel 2002 ha fatto un film che a Kezich non è piaciuto, Femme Fatale.
Passa il tempo, la Mostra si avvicina e il Corriere scalpita. Occorre rinfocolare la sana polemica (d’altronde questo è il compito di un vero organo d’informazione). E via con un’intervista a Michele Placido, strillata addirittura in prima pagina ("Venezia? Fischi e dileggio, i registi fuggono"), in cui il noto attore e regista, chiamato da Muller in giuria, se la prende con l’abitudine della critica italiana a fischiare fragorosamente i film italiani in gara (come era successo due anni fa al suo Ovunque sei, oggettivamente orrendo). Dice Placido, nel resoconto di Giuseppina Manin: "Non è possibile che a un festival internazionale di quel calibro alle proiezioni per la critica entri chiunque. Basta che su un qualsiasi sito internet uno si proclami critico, per farsi accreditare come tale…non si può lavorare per anni su un progetto, metterci dentro energie, passioni, denari, e poi vederselo far a pezzi da un manipolo di giovanotti incompetenti…nel cinema italiano si è sparsa la voce: presentare un film a Venezia è un rischio che molti non intendono più correre". Relegati sbrigativam
ente alla fine dell’intervista complimenti vari a Muller e al programma definito "bellissimo". Al Corriere probabilmente si storce la bocca. Troppo zucchero. Si può fare di più. E infatti il giorno dopo appare un’ altra intervista. Questa volta a Zeffirelli che, con la sua consueta sobrietà, ci mette il carico da 40. Il titolo è "Placido ha ragione, chiudiamo la Mostra". Sul Corriere di oggi poche polemiche, solo un box dove si dà conto delle critiche dell’ex direttore della Mostra, Moritz De Hadeln, che proclama che la Festa del cinema di Roma sarà meglio di Venezia. Il paginone degli spettacoli è dedicato tutto a Scarlett Johansson, la diva di The Black Dahlia di De Palma. L’informazione oggi pare prevalere. Domani chissà.

Caccia al tesoro per pagare le tasse

Blogvetriolo è anche uno sfogatoio, per cui riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Forse per farmi pagare con maggiore spensieratezza la tassa sui rifiuti il Comune di Milano mi organizza ogni tanto una bella caccia la tesoro. E senza badare a spese! Ovvero mi spedisce a casa una bella raccomandata. Ovviamente all’ora in cui passa il postino io non ci sono e non posso firmare. Lui quindi mi lascia un avviso, il classico “giallino”. Col mio bigliettino una bella mattina devo recarmi all’ufficio postale e fare una simpatica fila per ritirare una lettera, assai misteriosa, in cui si parla di “accertamenti” a mio carico e di “comunicazioni giudiziarie” da ritirare presso un altro sportello del comune, ovviamente dalla parte opposta della città. E’ uno dei momenti più emozionanti del gioco: il cuore sobbalza in gola. “Oddio, e che avrò mai fatto di male?!” Con l’adrenalina a mille attraverso buono buono il traffico cittadino e mi faccio un’altra allegra e lunga coda allo sportello. Qui consegno la lettera misteriosa e loro me ne danno un’altra, molto meno misteriosa, che dice che mi devo recare in un altro posto ancora, lontano da lì, a pagare la mia tassa sui rifiuti. Qui parte qualche scanzonata e liberatoria imprecazione: un altro obbiettivo del gioco? Riattraverso la città e mi reco agli sportelli dell’Esatri dove, dopo una ancor più lunga e spassosa coda, posso finalmente versare il mio obolo all’amministrazione comunale. Dopo aver perso quasi un’intera giornata che poteva essere produttiva semplicemente per pagare le tasse mi domando: ma perchè il Comune di Milano non può mandarmi una bolletta che io possa pagare in posta o con la domiciliazione bancaria, come da sempre fanno Telecom e Aem? C’è qualcuno in grado di rispondermi?

Vetriosanch, Milano

22 agosto 2006

Ubriaco d'amore per Whitney

Mi colpisce la “notizia”, appresa questa mattina dalla tv, che Osama Bin Laden è pazzo d’amore per la cantante Whitney Houston, definita “la donna più bella mai vista”.
Per un attimo penso di aver capito molte cose. Mi dico: ecco perché George Bush, a proposito di Osama, rivelò che “non so dove sia e, come potete immaginare, non spendo molto del mio tempo dietro di lui…”(conferenza stampa del 13 marzo 2002).
Ecco perché l’Fbi, dopo l’11 settembre, non ha mai aggiornato la pagina del suo sito dedicata ai “Most Wanted Terrorists (lì Bin Laden è ricercato per gli attentati del 1998 alle ambasciate
statunitensi in Tanzania e in Kenya, ed è sospettato di altri, generici, attentati terroristici, ma non dell’abbattimento delle Torri gemelle).
Perché Bush e Fbi hanno visto il reality show in cui la Houston mostra tutto il peggio di sé: il fisico ormai sfatto e distrutto, i litigi col marito Bobby Brown (lo show si intitola appunto “Being Bobby Brown”), le gare di rutti, scorregge e parolacce per alzare gli ascolti. E hanno letto i tabloid scandalistici che rivelano che la Houston ormai è una tossica: si fa di crack.

Una donna ridotta così può essere definita, come fa Osama, la donna più bella del mondo? E’ possibile che il criminale più pericoloso del mondo, nonché principe abituato al lusso e al bon ton, abbia avuto una caduta di gusto così radicale?
No, non è ipotizzabile! L’unica risposta è che, con l’età e lo stress, Bin Laden abbia perso il lume della ragione.
Ecco cosa devono aver pensato Bush e i suoi servizi segreti (che sicuramente sapevano da anni della follia che ottenebrava la mente di Osama!)
Altro che pericoloso stratega del terrore! Per questo lo hanno lasciato perdere, per questo si sono dedicati ad altri, meno rincoglioniti, dittatori, tipo Saddam Hussein.
In quei pochi attimi ho pensato la stessa cosa anche io.
Poi spengo la tv e cerco la ‘notizia’ in rete. E mi risveglio dal mio torpore: Osama aveva sì un debole per Whitney, al punto da voler assoldare degli scagnozzi per farle fuori il marito, ma nel 1996! Ben dieci anni fa. Allora Whitney era ancora in forma. Quattro anni prima era splendida accanto a Kevin Costner ne “La guardia nel corpo”.
No, Osama forse non ha mai visto “Being Bobby Brown”. Non si è invaghito di una donna che è l’ombra di sé stessa. Probabilmente non ha ancòra perso la testa. E’ancora un pericoloso, spietato, razionale terrorista.
Infine penso: maledetta tv, che mi fa credere che la Storia funzioni come una gigantesca soap-opera. Dove anche i terroristi si innamorano e piangono!

Il surrogato inoffensivo della realtà

Da Troppi paradisi il libro cult di Walter Siti uscito quest'estate che tutti coloro che lavorano in tv dovrebbero leggere:
"Vista da sotto, dalla parte degli 'operatori del settore', la vita che si svolge per e intorno alla televisione è un'abiura continua, pronunciata con uno sconforto che si trincera dietro il cinismo. Il segreto, per offrire al pubblico un surrogato inoffensivo della realtà, è di usare uno strumento collettivo di comunicazione per eludere le vere domande che ci strazierebbero individualmente".
E ancora, a proposito della seduzione sullo spettatore: "Ho notato che il fascino della televisione viene esaltato dalla solitudine; come per i film pornografici, basta essere in due (non amanti) e l'emozione si trasforma in imbarazzo o in riso. Scatta l'ironia, la battuta dissacrante. Ci si vergogna di proiettare impulsi libidici su Casa Vianello o su Alle falde del Kilimangiaro. Quando si è soli, invece, la masturbazione televisiva consiste proprio nel miracolo di provare, liofilizzati, tutti i sentimenti - e come per la masturbazione sessuale, non funziona se non ammettendo un proprio stato di bisogno, di miseria e di profonda umiltà. Quanto più i programmi sono spazzatura, quindi, tanto meglio scatta il meccanismo. Si prova gratitudine, per quella folla di amici che ti portano il mondo in casa, e come i preti ti coccolano di più se sei stupido, o malato”.
Un libro sul quale è opportuno tornare, perché parla dell’Italia di oggi (e cioè del potere della televisione) facendo nomi e cognomi, da Taricone alla D’Eusanio, da Costanzo alla De Filippi.
E dove il gioco più bello è scoprire quali vip si nascondono dietro gli omissis dell’autore.
Esempio:
“- E’ semplicissimo, prendi la *** o la ***: perché funzionano tanto in televisione?
- Perché costano poco e la dànno via come un frisbee.”
(Walter Siti, Troppi paradisi, Einaudi)

21 agosto 2006

Vetriolo
ant. vetriuolo, vitriolo, vitriuolo, s. m. (chim.) nome di alcuni solfati metallici cristallizzati e idratati: vetriolo bianco, solfato di zinco; vetriolo azzurro, solfato di rame; vetriolo verde, solfato di ferro (olio di) vetriolo, acido solforico: deturpare qualcuno col vetriolo al vetriolo, (fig.) si dice di parole, critiche particolarmente virulente, offensive.
(dal dizionario Garzanti)