03 novembre 2006

007 Missione Affonda Prodi

Con il titolo "Bersaglio Prodi" L'espresso in edicola pubblica, a firma di Gianl
uca Di Feo, un intrigante retroscena sull'operazione di continuata calunnia che i servizi segreti italiani hanno compiuto ai danni dell'attuale premier. Lo riportiamo integralmente, invitando naturalmente all'acquisto del settimanale. Anche perchè contiene un altro interessante articolo:sulle responsabilità del Sismi e del suo capo Pollari sull'affaire Telekom Serbia, altro caso di operazione mirata per danneggiare Prodi. Tra parentesi, Pollari questa sera è stato intervistato da Andrea Pamparana del Tg5. L'argomento era la liberazione di Gabriele Torsello. E' abbastanza inusuale che il capo del servizio segreto militare - per di più alla vigilia della sua sostituzione - rilasci un'intervista. Ma se il Tg è di proprietà dell'ex-Presidente del Consiglio Berlusconi più che inusuale l'intervista diventa di colpo molto interessante. E sospetta. Leggete l'articolo de L'Espresso e pensateci su.

Quella dei fabbricanti di dossier è una nebulosa, composta da una materia indefinita: meteore impazzite o sistemi organizzati di pianeti che orbitano intorno a soli diversi. Inutile cercare un filo rosso che faccia da guida in questa galassia oscura di spioni aziendali e 007 infedeli, di curiosi del fisco e bricoleur del depistaggio. L'unica costante per tentare di decifrare l'intrigo è il bersaglio principale delle loro opere malefiche: Romano Prodi, preso di mira prima come presidente della Commissione europea, poi come candidato premier del centrosinistra.
Anche per questo l'operazione voluta da Vincenzo Visco contro le incursioni nell'anagrafe fiscale è stata interpretata come una sorta di segnale. Un avvertimento a tutti i fabbrica-trame e i distillatori di veline al veleno, affidato alle brusche perquisizioni nello stile antimafia dello Scico: il clima è cambiato, il gioco si fa duro e anche l'infrazione più banale verrà perseguita. A costo di finire per alimentare polveroni. Perché finora, nonostante i controlli, dai 127 indagati delle Fiamme Gialle e dell'Agenzia entrate non è ancora spuntato il collegamento con le presunte reti complottarde. Ma la retata ordinata dal pm Francesco Prete e il clamore mediatico che l'ha accompagnata sono diventate la premessa funzionale a una seconda ondata, che in tanti si aspettano molto più calibrata. Lo stesso viceministro dell'Economia non ha usato perifrasi: "Siamo in presenza di forme di spionaggio politico consapevole gravi. La cosa più inquietante è che sono coinvolti militari che rispondono a catene di comando precise".
La fase due dovrebbe quindi risalire lungo quelle catene di comando, individuando gli ufficiali della Finanza e i funzionari dell'amministrazione tributaria che durante gli anni del governo Berlusconi si sarebbero dedicati alla selezione e diffusione di documenti contro i leader del centrosinistra. Una centrale che avrebbe avuto la sua base operativa proprio a Milano: secondo una delle piste al vaglio degli inquirenti, almeno per un periodo sarebbe esistito un luogo fisico preciso, nel centro del capoluogo lombardo, dove venivano custoditi questi fascicoli di produzione statale con dati patrimoniali, trascrizioni di intercettazioni, tabulati telefonici, informative confidenziali, anonimi fotocopiati negli archivi delle forze dell'ordine. Una centrale che avrebbe potuto contare sulla collaborazione di quadri delle Fiamme Gialle e dirigenti del ministero guidato all'epoca da Giulio Tremonti. Solo un'ipotesi, suffragata da alcune testimonianze ancora tutte da vagliare. Che sembra però destinata a inasprire il braccio di ferro tra Visco e il comando del Corpo.
Ma da quello che sta emergendo in queste settimane, da sei anni sono stati in molti a fare incetta di notizie riservate e macchinazioni calunniose contro Prodi, riempend
o la dispensa in attesa di acquirenti interessati o del momento favorevole per colpire. Come ha spiegato uno dei militari che ha partecipato alle 127 perquisizioni, gli autori di alcune delle incursioni informatiche più approfondite nei confronti del premier e della moglie sembravano quasi ispirati da una sorta di "collusione ambientale": era come se percepissero che quelle informazioni avrebbero fatto piacere anche ai loro superiori. Insomma, non si sentivano traditori dell'istituzione: tutt'altro, erano schierati con una parte e ritenevano giusto colpire quello che consideravano un avversario.
Allo stesso tempo, l'attenzione focalizzata su ricchezze nascoste e ipotetiche tangenti del fondatore dell'Ulivo rispondeva a un'esigenza di marketing politico ben determinata. Tutti i sondaggi che mettono a confronto l'immagine dei leader dei due Poli, sia quelli condotti nel passato dall'Istituto Cattaneo sia uno studio di prossima uscita, indicano come il principale punto di forza del Professore "l'onestà e la sincerità". Anche nelle analisi meno benevole, concentrate sulle debolezze nella comunicazione, evidenziano questa qualità. È l'elemento che fa la
differenza nella credibilità del premier, quello che - secondo la stessa analisi - alla fine seppur di poco ha fatto pendere la maggioranza degli elettori verso di lui. Demolire questa percezione di onestà significava chiudere la partita in favore di Berlusconi. Ma il Cavaliere non era il solo a potere trarre vantaggi da queste operazioni di delegittimazione. Ed ecco che le inchieste sui dossier rischiano di addentrarsi in un terreno molto insidioso. A partire da una data che non può passare inosservata.
Nello sterminato archivio creato dalla banda larga che faceva capo alla Security Telecom, fra i 3 mila fascicoli raccolti dai detective a pagamento dell'agenzia Polis d'Istinto ne spicca uno tagliato su misura per attaccare Prodi. Fu confezionato dalla ditta di Emanuele Cipriani, il pri
ncipale fornitore della struttura creata da Giuliano Tavaroli. Quando? Il 15 settembre 2001. Quattro giorni dopo le Torri Gemelle, 96 ore dopo l'attentato che ha cambiato la storia contemporanea. In quel momento particolarissimo, mentre l'America preparava l'offensiva contro il terrorismo islamico, a chi interessava collezionare illazioni velenose sul presidente della Commissione europea?
Il dossier è costruito come un'arma a testata multipla, con più capitoli destinati a trafiggere lo stesso personaggio. Apparentemente nel mirino c'è Vittorio Nola, top manager Telecom, bolognese e indicato nell'incartamento come uomo di Prodi. Ma Nola aveva dato le dimissioni da Telecom cinque giorni prima: non c'era nessun bisogno di infierire su di lui. Nessun bisogno di dettagliare le attività promozionali del colosso telefonico che secondo i maestri delle trame sarebbero servite a finanziare il Professore. Nessun bisogno di descrivere ipotetiche intercettazioni abusive portate avanti in uno dei palazzi di Telecom da misteriosi tecnici doppiogiochisti: ex dipendenti, ingaggiati dal servizio segreto, ma ancora capaci di muoversi all'interno dell'azienda. Per poi inoltrarsi in misteriose trame terzomondiste tra magnati e trafficanti. E tornare a sottolineare l'equivalenza velenosa: Nola uguale Prodi.
A chi poteva tornare utile quel materiale in quel momento? Cipriani aveva anche clienti stranieri. Lo riconosce davanti ai pm di Milano già nella scorsa primavera: di fronte a una serie di attività registrate nel suo schedario ammette che erano destinate a servizi segreti di altre nazioni. Operazioni del genere sono state confessate anche da Marco Bernardini, altro personaggio enigmatico della sicurezza Telecom. Senza dimenticare le informative fasulle, usate per giustificare i bonifici di Telecom all'ex agente Cia Giampaolo Spinelli. Fantapolitica? Lo stabiliranno le indagini. Che devono anche ricostruire i buchi neri nella catena dei dossier: il fascicolo Nola sembra essere solo una puntata di una serie, ma le altre dispense del feuilleton diffamatorio non sono state ancora recuperate. Chi le custodisce?
Di sicuro dal 2002 le veline da esportazione e quelle nate per il mercato nostrano trovano gli stessi referenti, perché gli interessi convergono. Con l'arrivo del generale delle Finanza Nicolò Pollari alla direzione del Sismi e la nascita dell'asse di ferro con la Cia, sancito da patti coperti dal segreto di Stato, si chiude il triangolo dei sospetti: Fiamme Gialle, 007 italiani, spie atlantiche. Il servizio segreto militare sotto Pollari diventa tutt'uno con larghi settori della polizia tributaria. Mentre grazie all'antica amicizia tra Marco Mancini e Giuliano Tavaroli di fatto c'è una sorta di osmosi tra sicurezza dello Stato e security Telecom. E il rapporto diretto tra Pollari e Gianni Letta, con frequenti consulti a Palazzo Chigi, determina per tutti gli anni del governo Berlusconi la nascita di un centro di potere senza precedenti. Potere giustificato dalla necessità di difendere il Paese dalla minaccia di attentati. Che invece, come ha dimostrato la vicenda di Pio Pompa e della struttura Sismi di via Nazionale a Roma, faceva qualunque cosa pur di delegittimare gli avversari politici.

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