14 dicembre 2006

Cine-panettoni

Commediola sexy
Che brutto Natale al cinema. A partire da questo week-end, arriverà in sala la carovana dell’orrore: il peggio che il cinema italiano è capace di sfornare, ma con un’imbattibile capacità di impatto nell’immaginario collettivo e nel gusto popolare. Per dimostrare che siamo davvero un paese spaccato a metà quest’anno il cine-panettone di sdoppia: Olè di Vanzina sfiderà Natale a New York di Neri Parenti. E se proprio vogliamo buttarla in politica potremmo semplificare così: la scorreggia di destra (Olè è stato attaccato da 4 parlamentari dell’Unione. E non l’hanno nemmeno visto!) contro il rutto di sinistra (tra le star di Natale a New York c’è la pasionaria dei Ds, Sabrina Ferilli, un comico di idee progressiste, Claudio Bisio e Massimo Ghini, militante ulivista). Ma, da quando l’Udc di Casini si è sfilato dalla Casa delle libertà, anche il centro scalpita: ecco che allora spunta il terzo incomodo, Commedia sexy di Alessandro D’alatri, il campione del cinema intelligente. Che, arruolando attori veri e bravi, Margherita Buy e Sergio Rubini, e affiancandoli a volti (e corpi) noti del piccolo schermo, Paolo Bonolis ed Elena Santarelli, partorisce un prodottino più sofisticato ma altrettanto populista.
Il populismo dove sta? Cercando di scimmiottare la commedia al
l’italiana di Risi e Monicelli inserendola nell’Italiaccia di oggi, D’Alatri sposa la demagogia e il qualunquismo più bieco. Si veda il personaggio dell’onorevole interpretato da Bonolis, viscido politico sposato con prole, ligio alla Chiesa, ma munito di amante figa da trasformare in soubrette tv: potrebbe essere indifferentemente di destra o di sinistra, Forza Italia o Margherita. E – in coerenza con l’aria di anti-politica che si respira – è l’unico a uscire dalla vicenda con le ossa rotta. Per il resto D’Alatri sta al centro, nel senso che non sa dove andare: strizza l’occhio alla commedia sociale (in pericoloso bilico tra Virzì e Muccino) però, con la scusa di criticare il modello televisivo e il mondo che lo circonda, lo sposa e lo assolve. Lo imita, anche a livello stilistico. Commedia sexy ha il ritmo di una fiction televisiva a puntate: lo si nota nell’ultima parte, quando il film rifiuta di arrivare in fretta a una conclusione. Commedia sexy sarebbe già finito da almeno 40 minuti, ma D’Alatri per esigenze di durata cinematografica deve allungare il brodo, e s’inerpica addirittura in un montaggio alternato dal ritmo infernale di una marcia funebre. Peccato perché, a parte Bonolis nel vano tentativo di imitare Alberto Sordi (ed è tutta qua la differenza tra il cinema-cinema e la tv che si camuffa da cinema: nella coscienza della propria inadeguatezza ad imitare un modello alto), la prima parte ci aveva fatto intravedere la speranza di una risata.

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